Basilica di San Paolo: luoghi magici per le tue vacanze in Lazio
La Basilica di San Paolo fuori le mura è una delle quattro basiliche pontificali di Roma, la seconda in grandezza dopo quella di San Pietro in Vaticano.
Sorge vicino la riva sinistra del Tevere, lungo la via Ostiense, a circa 2 km fuori dalle mura Aureliane (da cui deriva il nome) uscendo dalla Porta San Paolo. Si erge sul luogo che la tradizione indica come quello della sepoltura dell'apostolo Paolo (a circa 3 km dalla zona delle "Tre Fontane" dove subì il martirio e fu decapitato); sotto l'altare maggiore, detto "altare papale", troviamo la tomba del santo.
Questa la ragione per cui, nel corso dei secoli, è stata sempre meta di pellegrinaggi; dal 1300, data del primo Anno Santo, fa parte dell'itinerario giubilare per ottenere l'indulgenza e vi si celebra il rito dell'apertura della Porta Santa. Fin dall'VIII secolo ai monaci benedettini dell'annessa Abbazia di San Paolo fuori le Mura è stata affidata la cura della liturgia e della lampada votiva sulla tomba dell'apostolo.
L'intero complesso degli edifici, pur trovandosi in territorio italiano, gode dell'extraterritorialità della Santa Sede.
L'area in cui sorge la Basilica di San Paolo fuori le mura, al 2º miglio della Via Ostiense, era occupata da un vasto cimitero subdiale (da sub divos = sotto gli déi, ovvero a cielo aperto), in uso dal I secolo a.C. al III secolo d.C., ma sporadicamente riutilizzato, soprattutto per la costruzione di mausolei, fino alla tarda antichità.
Si trattava di un cimitero esteso e comprendeva diverse tipologie di tombe, dai colombari di famiglia a piccole cappelle funerarie spesso decorate con stucchi e affrescate. La quasi totalità di quest’area sepolcrale è ancora sepolta (per gran parte sotto il livello del Tevere), ed è stimata estendersi sotto tutta l'area della Basilica e della zona limitrofa. Una minima, ma significativa parte di essa è visibile lungo la Via Ostiense, appena fuori del transetto Nord della Basilica.
La morte di San Paolo Apostolo
Proprio in questa zona sepolcrale venne sepolto Paolo di Tarso dopo aver subito il martirio. Sia Paolo che Pietro caddero vittime della persecuzione di Nerone seguita al grande incendio di Roma del 64. Secondo alcune teorie i due sarebbero stati martirizzati proprio in quell'anno, dopo l'incendio. Stando a Eusebio di Cesarea invece, sarebbero stati uccisi nel 67.
Una tradizione vuole che una matrona (tale Lucina, nome quasi sicuramente frutto di leggende successive) mise a disposizione una tomba per seppellire i resti dell'apostolo.
Così come per il sepolcro di Pietro anche quello di Paolo divenne immediatamente oggetto di venerazione per la comunità cristiana di Roma che eresse relativamente presto, dei piccoli monumenti funerari sulle tombe dei due. Eusebio di Cesarea riporta nella sua Storia ecclesiastica un passo di una lettera di Gaio, presbitero sotto papa Zefirino, che cita i due trofei posti sopra le loro tombe, uno sul colle Vaticano e l'altro lungo la Via Ostiense.
Fu poi l'imperatore Costantino I a monumentalizzare il luogo, meta di pellegrinaggi ininterrotti dal I secolo, con la creazione di una piccola basilica, di cui si conserva solo la curva dell'abside, visibile nei pressi dell'altare centrale della basilica odierna e orientato nella direzione opposta. Doveva trattarsi di un piccolo edificio probabilmente a tre navate, che ospitava in prossimità dell'abside la tomba di Paolo, fregiata da una croce dorata.
La Basilica di Costantino venne consacrata il 18 novembre 324 durante il pontificato di Silvestro I, e si inserisce nella serie di basiliche costruite dall'imperatore principalmente fuori della città, ed è la seconda fondazione costantiniana in ordine di tempo, dopo la cattedrale dedicata al Santo Salvatore (l'attuale Basilica di San Giovanni in Laterano).
La Basilica dei Tre Imperatori
La Basilica di San Paolo costantiniana risultò nel tempo non all'altezza dell'elevata affluenza dei pellegrini che vi si recavano; essa era infatti molto più piccola rispetto alla contemporanea Basilica di San Pietro. Venne quindi ricostruita completamente sotto il regno congiunto degli imperatori Teodosio I, Graziano e Valentiniano II, e tale struttura rimase sostanzialmente intatta fino al disastroso incendio del 1823.
La costruzione venne affidata al professor mechanicus Ciriade che costruì un edificio a cinque navate, con 80 colonne e un quadriportico che si differenziava dal precedente, oltre che per le dimensioni anche per l'opposto orientamento dell'abside, che la basilica mantenne anche dopo l'incendio del 1823. Nel 390 la basilica fu benedetta da papa Siricio e venne completata nel 395 sotto l'imperatore Onorio.
Successive aggiunte, come l'arco trionfale retto da colonne monumentali e decorato da uno splendido mosaico, sono attribuibili rispettivamente ai restauri compiuti da Galla Placidia e agli interventi di papa Leone I. Quest'ultimo fece realizzare i tondi con i ritratti papali che correvano sopra le arcate della navata centrale; alcuni di essi, sopravvissuti all'incendio, sono conservati nella Raccolta de Rossi, nell'attiguo monastero, insieme ad altri restaurati nel corso dei secoli. A papa Leone I va anche attribuito un rialzamento del transetto, per il quale fu necessario sollevare il punto devozionale corrispondente alla tomba dell'apostolo.
Il ciborio di Arnolfo di Cambio (1285)
È a Simmaco che si deve la ristrutturazione dell'abside pericolante e la realizzazione di "habitacula", dimore per i pellegrini più poveri, rinnovate poi da Sergio I.
Sotto il pontificato di papa Gregorio I la basilica venne modificata totalmente. Il livello pavimentale fu rialzato, soprattutto nel settore del transetto, per realizzare l'altare direttamente sopra la tomba di Paolo (in precedenza l'altare doveva essere collocato presso la navata centrale, mentre sulla tomba vi era un basso monumento, racchiuso da transenne marmoree). Operazione analoga fu compiuta anche per la basilica di San Pietro.
L'esito fu quello di poter realizzare anche una Confessione, cioè un piccolo accesso posto sotto il livello del transetto, dal quale si poteva raggiungere la tomba dell'apostolo.
Ad Adriano I si deve il rifacimento del pavimento dell'atrio, e al suo successore Leone III la collocazione del primo pavimento in marmo, mentre nel IX secolo fa circondare la basilica Giovanni VIII da una cinta di mura fortificata con torri per preservarla, creando un vero e proprio borgo soprannominato "Giovannipoli".
Nell'XI secolo viene eretto il campanile accanto alla navata Nord dalla parte della facciata. La basilica si impreziosì poi di un ciborio, realizzato nel 1285 da Arnolfo di Cambio, della struttura del chiostro e di un candeliere per il cero pasquale.
Sotto Clemente VIII, nel 1600, fu costruito l'altare maggiore e nel 1724 Benedetto XIII fece costruire la Cappella del Crocifisso, oggi intitolata al Santissimo Sacramento, per accogliere un crocifisso ligneo del XIV secolo, attribuito a Tino di Camaino.
L'incendio del 1823
La notte del 15 luglio 1823 nella basilica si sviluppò un incendio che durò cinque ore circa, distruggendone una gran parte. Il rogo fu provocato dalla disattenzione di uno stagnaio, che, dopo aver aggiustato le grondaie del tetto della navata centrale, dimenticò acceso il fuoco che aveva usato per il lavoro. Fu un mandriano, Giuseppe Perna, che pascolava il bestiame la vicino a lanciare l'allarme quando l'incendio era comunque già avviato.
Avvisati da Perna, i Vigili del Fuoco, al comando del marchese Origo, arrivarono in circa due ore. Dopo l'incendio rimasero in piedi poche strutture. Il transetto aveva miracolosamente retto al crollo di parte delle navate e resistito alle altissime temperature dell'incendio, preservando il ciborio di Arnolfo di Cambio e alcuni mosaici. Si salvarono anche l'abside, l'arco trionfale, il chiostro e il candelabro, ma si dovettero ricostruire gran parte delle strutture murarie.
In quell'epoca il dibattito sulle varie teorie del restauro era già piuttosto avanzato, tuttavia gli architetti incaricati dei lavori preferirono ricostruire una basilica completamente nuova, tanto che oggi un visitatore difficilmente può riconoscere nella costruzione attuale il disegno di una basilica di fine IV secolo.
Durante la notte del 15 luglio Pio VII, fratturandosi un femore il 6 luglio a seguito di una caduta, era in agonia e non gli venne comunicata la notizia dell'incendio. Morirà il 20 agosto.
La basilica attuale
Fu Leone XII a volere il rifacimento della basilica e il 25 gennaio 1825 emanò l'enciclica Ad plurimas nella quale invitava i vescovi a una raccolta di offerte presso i fedeli per la ricostruzione. All'appello rispose buona parte del mondo cristiano, con offerte generose tra le quali quelle del Re di Sardegna, della Francia, delle Due Sicilie, dei sovrani dei Paesi Bassi, dello zar Nicola I che offrì i blocchi di malachite dei due altari laterali del transetto e del viceré d'Egitto che inviò le colonne d'alabastro.
Fu lo stesso pontefice a porre le basi per il progetto in un chirografo del 18 settembre 1825:
« Vogliamo in primo luogo che sia soddisfatto compiutamente il voto degli eruditi, e di quanti zelano lodevolmente la conservazione degli antichi monumenti nello stato in cui sursero per opera di’ loro fondatori. Niuna innovazione dovrà dunque introdursi nelle forme e proporzioni architettoniche, niuna negli ornamenti del risorgente edificio, se ciò non sia per escluderne alcuna piccola cosa che in tempi posteriori alla sua primitiva fondazione poté introdurvisi dal capriccio delle età seguenti. »
(Leone XII, chirografo 1825)
I lavori sul progetto iniziale di Giuseppe Valadier, furono diretti dall'architetto Pasquale Belli e poterono iniziare l'anno successivo, con la demolizione dell'Arco di Galla Placidia e il reinserimento del quadriportico.
Il 5 ottobre 1840 Gregorio XVI consacrò maestosamente l'altare della Confessione, ma l'intera basilica venne consacrata da Pio IX il 10 settembre 1854, alla presenza di un gran numero di cardinali e di vescovi, presenti a Roma per la proclamazione del Dogma dell’Immacolata Concezione. I lavori comunque andarono oltre, entro il 1874 furono completati i mosaici della facciata, mentre solo nel 1928 fu aggiunto il vasto quadriportico esterno, formato da quasi 150 colonne.
Il 23 aprile 1891 lo scoppio della polveriera del Forte Campanile e Portico Portuense mandò in frantumi le vetrate a colori eseguite da Antonio Moroni nel 1830: al loro posto, sottilissime lastre di alabastro donate da re Fuad I d'Egitto.
Nel dicembre 2006 vennero ultimati i lavori di ristrutturazione della zona davanti all'altare papale, più bassa rispetto al pavimento della basilica: con la demolizione dell'altare presente in questa zona, è stato riportato parzialmente alla luce il sarcofago marmoreo che si trova sotto l'altare papale e che, secondo la leggenda, contiene i resti mortali dell'apostolo Paolo. È anche visibile la traccia della piccola abside appartenente alla chiesa più antica e orientata in senso contrario rispetto alla basilica attuale (anticamente rivolta verso Ovest, oggi verso Est).
Descrizione
È di Guglielmo Calderini il cortile quadriporticato che precede il corpo della basilica, realizzato tra il 1890 e il 1928 sul progetto iniziale di Luigi Poletti.
Il lato dell'ingresso ("nartece") ha solo una fila di colonne, i due laterali hanno una doppia fila e il lato frontale, che immette all'interno della basilica presenta una tripla fila di colonne più alte e robuste rispetto alle altre. Al centro del cortile si trova la statua di San Paolo, opera in marmo di Carrara di Giuseppe Obici. Le pareti laterali sono ornate con medaglioni raffiguranti i simboli degli apostoli e alcuni discepoli di San Paolo.
La facciata sopra il colonnato è decorata con mosaici eseguiti fra il 1854 e il 1874 su cartoni di Filippo Agricola e Giulio Consoni ispirati per quanto possibile a quello originale del X secolo. La parte superiore ("timpano") raffigura Cristo che benedice posto in mezzo a San Paolo e San Pietro e la striscia centrale l'Agnello divino sul monte del paradiso da cui sgorgano i quattro fiumi simboleggianti i Vangeli, nei quali si dissetano dodici agnelli, che simboleggiano gli apostoli. Nel quadro inferiore, alternati alle finestre sono raffigurati i quattro profeti dell'Antico Testamento: Isaia, Daniele, Geremia ed Ezechiele.
Oltre la triplice fila di colonne del portico sono ricavate le tre porte che immettono all'interno della basilica. Quella centrale, opera di Antonio Maraini, è la più grande e risale al 1931. La porta, alta 7,48 m e larga 3,35, raffigura degli episodi della vita dei santi Pietro e Paolo ed è realizzata in bronzo e decorata da una croce realizzata con la tecnica dell'agemina in argento e ricoperta di lapislazzuli.
La porta di destra, risalente all'XI secolo è divisa in 54 pannelli nei quali sono incise scene di vita di Gesù e dei suoi apostoli, è chiamata porta Bizantina e rappresentava l’ingresso principale fino al 1967 quando è stata invece scelta per chiudere la Porta Santa. Quest'ultima, opera di Enrico Manfrini misura 3,71 m in altezza e 1,82 in larghezza, illustra il tema della Trinità e reca alla base un distico augurale in latino: "Ad sacram Pauli cunctis venientibus aedem – sit pacis donum perpetuoquoe salus" ("a quanti vengono nel santo tempio di Paolo sia concesso il dono della pace e della salvezza eterna").
La basilica presenta una pianta a croce latina ed è divisa in cinque navate, prive di cappelle laterali e separate da quattro file di 20 colonne monolitiche di granito. Il pavimento è in marmo. Le navate e il transetto sono fregiati dai tondi, iniziati da Pio IX nel 1847, contenenti i ritratti di tutti i Pontefici, da San Pietro fino all'attuale papa Benedetto XVI.
Sopra questi medaglioni, nella parte alta della navata centrale sono ricavati 36 affreschi nei quali sono raffigurati degli episodi della vita di San Paolo, anch'essi voluti da Pio IX e terminati nel 1860. Sul fondo della navata centrale, sopra l'abside si trova l'Arco trionfale, detto anche di Galla Placidia in onore della sorella dell'imperatore Onofrio che finanziò l'opera. L'intera basilica, lunga 131,66 metri, larga 65, alta 29,70, è imponente e rappresenta per grandezza la seconda delle quattro basiliche patriarcali di Roma. Alla basilica è adiacente il chiostro e il monastero.
Durante i vari scavi e sondaggi compiuti dalla prima metà dell'Ottocento ad oggi sono emerse più di 1700 lastre con iscrizioni, che fungevano da lapidi per le oltre 5000 sepolture stimate ancora sotto il pavimento della basilica. Le basiliche martiriali (non solo di Roma) vennero infatti usate dal IV secolo in poi come enormi cimiteri coperti, con una ricca stratificazione e numerosi casi di "furti di tombe".
Celebri abati dell'annessa abbazia sono stati don Ildefonso Schuster (divenuto poi cardinale) e Giovanni Franzoni (prima sospeso a divinis a causa della la sua aperta presa di posizione per la libertà di voto dei cattolici al referendum sul divorzio e poi dimesso dallo stato clericale, nel 1976).
L'abbazia territoriale
San Paolo fuori le mura era in passato un'abbazia territoriale e l'abate era abate mitrato. A partire dal 2005 papa Benedetto XVI con Motu Proprio ha stabilito che così come per le altre tre basiliche papali di Roma, anche per San Paolo sia nominato dal Papa un arciprete, che eserciterà la giurisdizione ordinaria e immediata e avrà come suo vice per la pastorale l’abate dell’abbazia.